POESIA...
..la voce
dello spirito
libero
...la chiave
in fondo
al mio
fardello
...un
grido fatto di silenzio
...cose
da grandi
e cose da
piccoli
...la preghiera
della nostra
anima
...unisce
le genti
e disgrega le disuguaglianze
​
...ti veste,
ti nutre,
ti libera
TUTTO È POESIA
AMICO
(poesia premiata)
Non sei sangue e non sei oro,
ma non è importante,
non sei atmosfera e non sei intuizione,
tutto ciò che raccolgo dalla strada
rende aspra e poi complicata questa vita,
ma è un piacere poterla acchiappare,
poi lavorarla con la ruvida pelle
modellandone la forma, e in essa includerti,
imprimerci l’impronta dei nostri pugni chiusi che si fondono.
Non sei una fine e non sei un’obiezione,
non sopravvive rabbia fra noi, non evochiamo il peggio,
sei una parte che non si dimentica perché di me sei parte,
parte delle ossa, della voglia,
dell’incredibile che mi piace restare a guardare,
c’è un filo invisibile che ci unisce e non si strappa,
possiamo macchiarci di qualsiasi peccato ma non è importante,
comunque non ci possiamo rinnegare,
non siamo treni che vengono e a un certo punto ripartono,
siamo memoria nella memoria, l’uno dell’altro.
Non sei di un’altra specie e non sei sorgente,
sei il mio stesso riflesso,
con le identiche incertezze, le medesime inconsapevolezze,
tu non mi cambi l’esistenza ma la rendi meno strana,
perché t’imbatti nei dilemmi che sbranano pure me.
Non sei brace che m’infuoca i sensi e non sei un’incognita,
tu sei una costante che mi rimane addosso,
come l’odore del sesso, come la meraviglia dei sogni,
se pure non mi tocchi e non mi guardi negli occhi,
tu sei una costante che non scandisce tempo e non traccia spazi,
questo è l’importante, amico.
LA PAROLA
(poesia premiata)
La precarietà è quotidiana,
prevale il dramma che scava le viscere e istiga l’isteria,
tanto che “l’urlo” dell’anima sconquassa il cielo, la terra,
e dell’orizzonte fa l’inferno, il fuoco arde ogni possibilità di pace.
L’onnipotenza è complesso algoritmo che la mente può elaborare,
in direzione della comprensione e della povertà,
“il pensatore” è assorto e la meditazione è la sua ricchezza,
passeggera sull’onda del vento che cambia.
L’arresa sa essere inevitabile dinnanzi ad un nemico disumano,
dalla regale sembianza s’ha da fuggire perché altra scelta non capita,
e cala addosso la veste d’un “re pastore”, unito all’esilio e alla speranza di rivalsa,
affinché la terra ritorni sangue.
L’immaturità è un fragile filo, lo spezza la consapevolezza,
solo il coraggio di chi osa conserva la magia,
non si soffermano sulla soglia della diversità “la fenice e la tortora”,
si tessono reticoli di ossigenata aria, sono fatti della medesima sostanza della fantasia.
Le paure piovono a catinelle e riempiono distese d’acqua salata,
l’ipocrisia colpisce, è grave peccato, allora urge difesa e manca parola,
fiorisce un infinita collana in pietra, è la “muraglia cinese” delle ragioni compromesse,
il rifiuto d’abbattere la sfiducia è debolezza, persecuzione d’infelicità.
Ruvida pelle di bronzo e tunica rancida di polvere da sparo,
piedi spogli abili quanto le mani e scalfiti occhi di mandorla,
selvatici capelli d’ebano e deformi corpi che non conoscono veli,
lentiggini sparse come coriandoli e lunghe barbe simbolo di saggezza.
La natura fa l’arte di un popolo,
le sue emozioni hanno forgiato testimonianze e costruito storia,
le storie dell’intero mondo fra loro si somigliano,
al termine di ogni strada non si rivelano discrepanze.
L’espressione è parola in ogni sua possibile forma,
è tanto comune da rendere tutti un unico sospiro di vitalità,
senza accorgersene esiste un affinità straordinaria
che fa di dispersi granelli un massiccio grumo indistruttibile.
La parola allenta le distanze, distende le discordie,
convoglia le similitudini, instaura dialoghi oltre valichi e oceani,
e non riporta ferite, la reale guerra sta dentro,
ed è ciò che più dovrebbe spaventare, in verità,
condividere il dissapore dell’esistenza, esprimere ciò che si è,
perdendo la vergogna e scordando l’invidia,
potrebbero guarirla nella profondità dello spirito
che ha bisogno solo della vera parola.
LACRIME DI MARZO
(poesia pubblicata)
Sei stato preso dall’alito nero
che a occhio nudo non si svela,
viene come un colpo di tosse
e quel che vuole si prende,
sei andato via così,
in un batter di ciglia,
mentre dormivo,
e adesso sei troppo lontano.
Io mi accingevo a partire in viaggio
per raggiungere il tuo pianto,
solo mestizia mi rimane,
non ho vinto il tempo,
la sventura e i chilometri,
vorrei che iniziasse a piovere
e non smettesse,
vorrei che mi si lavasse di dosso
questa terribile amarezza
che talvolta la vita s’inventa.
Sei troppo lontano,
dai tuoi viali alberati che battevi
con quieto passo,
verso la solita e unica sosta,
nell’attesa della sincerità
che io ti offrivo,
non ho potuto amare
il tuo ultimo sguardo
e mi sobbarco di dubbi,
ora che la terra fiorisce
e io un poco appassisco.
CULLA
(poesia pubblicata)
Passi sempre più rapidi
spiccano voli d’aeroplani,
seminano panorami annoiati e ruvidi
volgendo a incantati mondi lontani.
Passato che non traccia confini
e conserva cataclismi incalcolati,
fra la memoria scolpite le immagini,
alcun sortilegio le assottiglia a strati,
possibili maschere in faccia al senno,
rigogliose riemergono sull’orizzonte di catrame:
donne sulla soglia di casa che dan cenno,
persiane spalancate color verde rame,
amabile profumo nell’atmosfera,
strepiti attecchiti in acerbi accordi
sbuffanti lungo una spensierata riviera.
In braccio a gonfie onde dondolano ricordi,
eterni sbranano qualsiasi incertezza,
perché si crede di scordare
ma nemmeno il tempo annienta una pura brezza,
se pure c’erano prati e ora di cemento è il mare,
se pure vibrano i contorni e sbiadiscono i colori.
Non è rilevante una perfetta apparenza
unita ad alberi, tetti, e antichi sapori,
perché galleggia il sentimento d’appartenenza,
la lontananza si svela scusa e s’annulla,
l’immenso è scolpito nel cuore in ricami armonici,
la preziosità è ritornare alla culla
e riscoprire impolverate radici.
ARCANO
(poesia pubblicata)
Irrigami,
tu perlacea e beata
che stai nei cieli,
fatidica chiaroveggenza,
irrigami,
realtà d’oggi,
testimonianza di ieri,
della tua cangiabile onnipotenza
ho fame,
della tua iridescente vastità
ho sete,
irrigami quest’unico volto che possiedo,
di lacrime se vuoi…
va bene,
dammi il tormento se credi…
sarà dolce ogni percossa,
non mi basta questa pioggia,
vedere ciò a cui mi prostro,
oltre tempi e spazi
fammi riversare
copioso il mio plasma,
concedimi la conoscenza,
perché seduta ora su un trono
di siffatta povertà
ho incapacità
e stringo strafottenza,
però me la sento la rarità,
sulla lingua e nelle ossa,
la mia opacità
è una malattia che mi desta
in sussulti fradici nella notte,
irrigami,
tu splendente e spumeggiante
arcano,
permettimi di essere
concedimi di divenire.
La poesia è creatura immensa che appartiene a tutti.
​
Noi siamo poesia!
PESCATORE
Pescatore,
quale rotta mi consigli?
Tu che sai
dell’orizzonte,
della ragione che culla
questa patria marina.
Io ne percepisco di striscio
il moto altalenante,
che mi mette nausea
e disunisce
le mie cognizioni,
i miei bisogni.
Non comprendo quale sia la debolezza
che mi rende tanto imperfetta
da sentirmi continuamente rifiutare,
nonostante straripi di accondiscendenza
e rincorra con energia
l’immagine appoggiatami nel grembo.
Sarei digiuna di pazienza
se non avessi espresso forza,
eppure la mia incompletezza s’inspessisce
a ogni impeto delle onde.
Quale verità si offusca ai miei occhi
tuttora inesperti?
Pescatore,
tu che del silenzio ne fai musica,
tu che della rotta ne fai una danza,
avresti il tempo di stringermi le mani,
di distendere i pensieri confusi?
… come fai con le tue lenze sdraiate a riposo,
per asciugarne la stanchezza…
È la semplicità dei tuoi averi
che vedo planare con grazia,
oscillare nella tersa contemplazione…
mentre io mi sento mancare
nello specchio della mia interiorità.